Bonus mobilità: non ci stiamo bevendo il cervello
Bonus Mobilità: l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n.293 del 31/08/2020, ha chiarito che il Buono mobilità, rientra tra i fringe benefit e concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente se, considerando anche tutti gli altri beni e servizi di cui il lavoratore ha usufruito, il valore dei benefici supera la soglia dei 258,23 euro.
Quindi il bonus mobilità, pertanto, rientra a tutti gli effetti tra i fringe benefit, ovvero tra quei beni e servizi concessi ai lavoratori che costituiscono una forma di retribuzione aggiuntiva. Inoltre concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente nel caso in cui il valore di tutti i benefici percepiti superi la soglia dei 258,23 euro, ossia le 500.000 lire di ormai 20 anni fa e mai aggiornata, o meglio, mai e poi mai considerata da aggiornarsi perché non rientra nelle fauci considerazioni sindacali, particolarmente in quelle della CGIL .
Tale buono non può, quindi, essere considerato come prestazione di servizi di trasporto, né come somma erogata o rimborsata dal datore di lavoro ai lavoratori esclusa dal reddito in linea con quanto stabilito dall’articolo 51 del TUIR, Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Per capirci prendiamo un caso pratico
L’esempio di un Comune che partecipa in qualità di capofila con sedici Comuni del proprio territorio, al “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa scuola e casa-lavoro” come previsto dal Decreto Ministeriale n. 208 del 20 luglio 2016.
Nell’ambito di tale progetto, i Comuni hanno la possibilità di erogare buoni mobilità per i dipendenti degli stessi enti locali e per i dipendenti di imprese private con cui vengono stipulati specifici accordi.
Nello specifico, il bonus mobilità concesso ai lavoratori viene descritto dal Comune con le parole del DM n. 208 del 2016, come un “riconoscimento, a fronte dell’utilizzo di modalità di trasporto sostenibile quali piedi, bicicletta, trasporto pubblico locale, car sharing, car pooling in sostituzione dell’auto privata, di voucher prepagati validi per l’acquisto di beni e servizi connessi allo sviluppo di forme di mobilità sostenibile quali biciclette.
Abbonamenti di car sharing o bike sharing, titoli di viaggio sul trasporto pubblico locale, contribuzioni all’abbattimento del costo annuale dell’abbonamento al trasporto pubblico locale, riconoscimento di incentivazioni accessorie allo stipendio proporzionate ai km percorsi con modalità di trasporto sostenibile”.
Bonus Mobilità: il parere dell’Amministrazione Finanziaria
L’Amministrazione finanziaria, nella sua ottica, ha chiarito che il bonus mobilità, dal punto di vista fiscale, segue le regole previste per i fringe benefit. Concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente secondo i parametri indicati dall’articolo 51, comma 3, ultimo periodo, del TUIR.
Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente l’importo, nel periodo d’imposta, non è superiore a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.
Inoltre, il bonus mobilità, così come descritto dal Comune, è da considerare come un voucher prepagato valido per l’acquisto di beni e servizi connessi allo sviluppo di forme di mobilità sostenibile. Risulta diverso dalla fruizione di un servizio di trasporto per il tragitto casa-lavoro-casa o di somme per l’acquisto o per il rimborso di un abbonamento per il trasposto pubblico locale, regionale e interregionale, che rientra nel campo di applicazione della lettera d-bis) del comma 2 dell’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte dei Redditi e non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Il lavoratore, infatti, beneficia di un “valore economico corrisposto dal datore di lavoro di euro 0,25/km. Un valore con un tetto massimo all’importo del buono mobilità di 50 euro/mese”.
In conclusione, il buono mobilità in commento, non rientrando nelle previsioni di cui all’articolo 51, comma 2, lettere d) e d-bis) del Tuir, concorre alla formazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente dei lavoratori cui viene corrisposto, in forza del principio di onnicomprensività di cui al citato articolo 51, comma 1, del TUIR.
La domanda, ordunque, sorge spontanea. Come è possibile che un Decreto ministeriale non tenga conto delle leggi in essere? Perchè emette un qualcosa che non ha efficacia per lo scopo che pregna orbo torto collo nella sua volontà pertinente?
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